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Il marchio è il segno con cui i beni e i servizi di un’impresa vengono individuati e distinti da altri presenti sul mercato. L’imprenditore è libero nella creazione del proprio marchio, purché rispetti i principi di liceità, verità, novità ed originalità. Quest’ultimo è l’aspetto che contraddistingue i c.d. marchi forti: trattasi di marchi fortemente caratterizzanti l’impresa ed i suoi prodotti. I marchi cd “deboli” sono segni a scarsa valenza distintiva e per questo maggiormente esposti alla contraffazione. Anch’essi, tuttavia, sono meritevoli di tutela e protetti da eventuali prevaricazioni.

La capacità distintiva di un marchio è disciplinata dall’articolo 13 del Codice della Proprietà Industriale. Detta norma prevede che non possano essere registrati come marchi:

  • i segni che non hanno il carattere distintivo in quanto consistenti in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi del commercio;
  • i segni che consistono in denominazioni generiche di prodotti, di servizi o di indicazioni descrittive ad essi riferite.

L’articolo 2598 del codice civile disciplina la concorrenza sleale che nello specifico avviene:

  • quando si usano nomi o segni distintivi che determinano confusione con nomi o segni distintivi legittimamente utilizzati da terzi;
  • quando vengono imitati servilmente dei prodotti di un concorrente o quando viene compiuto qualsiasi altro atto idoneo a creare confusione con l’attività di un concorrente;
  • quando si diffondono notizie o apprezzamenti sull’attività o sui prodotti di un concorrente idonei a creare il discredito di quest’ultimo o quando ci si appropria dei pregi dell’impresa concorrente o dei prodotti di questa;
  • quando ci si vale di ogni altro mezzo, direttamente o no, non conforme ai principi della correttezza professionale e idonei a danneggiare aziende altrui.

Vi è poi l’articolo 473 del codice penale disciplina il reato di contraffazione. Per contraffazione si intende la violazione di un diritto di proprietà intellettuale realizzata tramite la riproduzione e la commercializzazione di un bene in violazione al suddetto diritto.

Fatta questa doverosa premessa,  analizziamo il caso dei marchi “imperial” contro i marchi “impero uomo”, “impero diamonds” e “miss impero” – giudizio patrocinato dalla scrivente nei tre gradi di giudizio ed anche innanzi al U.I.M.B.

La società Imp.  S.p.A. chiedeva  al Tribunale di Napoli – Sezione Specializzata Impresa e poi  alla Corte d’Appello di Napoli , di accertare non solo la contraffazione del proprio marchio “Imperial” (marchio che contraddistingue anche i prodotti delle classe 25: abbigliamento) ma anche la concorrenza sleale da parte della L.A. Alta Moda s.r.l., titolare dei seguenti marchi: “Impero Uomo”, “Impero Diamonds” e “Miss Impero”.

I Giudici dei due gradi di giudizio hanno ritenuto che il marchio “Imperial”  è contraddistinto da una parola di uso comune, attinente al mondo della moda (in particolare si pensi all’abito “stile impero”) e dunque un marchio “debole” e poiché  i marchi oggetto di causa si rappresentavano  diversi da un punto di vista visivo, grafico, fonetico e concettuale, hanno escluso la sussistenza della contraffazione e della concorrenza sleale.

La causa è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione Civile :

Conclusioni

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 730 del 15.01.2020, ribadisce il consolidato orientamento ai sensi del quale “ non possono essere brevettate come marchi parole o espressioni tratte dal linguaggio comune, le quali abbiano una funzione intrinsecamente descrittiva della qualità del prodotto, ciò è ammesso quando le stesse non presentino nessuna aderenza concettuale con il prodotto contraddistinto, ma siano ad esso collegate da un accostamento di pura fantasia, tale da consentire di riconoscervi carattere originale ed efficacia individualizzante”.

I Giudici rilevano che la sentenza impugnata non ha violato il sopraesposto principio ove ha ritenuto che il segno distintivo adottato dalla ricorrente costituente lo sviluppo della parola “impero” fosse un elemento debole e dunque non idoneo a fare in modo che i marchi che utilizzano la stessa radice risultino imitativi. Infatti, tale parola è di uso comune e in aderenza concettuale coi prodotti di abbigliamento.

noltre, prosegue la Cassazione, l’apprezzamento compiuto dalla Corte territoriale non contrasta con il costante principio secondo cui l’inclusione di un marchio complesso dell’unico elemento che caratterizza un marchio semplice precedentemente registrato si traduce in contraffazione, anche se il nuovo marchio possiede altri elementi differenzianti. Tale principio non è riferibile all’ipotesi in esame poiché i marchi deboli sono tali in quanto risultano concettualmente legati al prodotto o per l’uso di parole di comune diffusione che non sopportano di essere oggetto di un diritto esclusivo. La loro debolezza, tuttavia, non incide sull’attitudine alla registrazione ma soltanto sull’intensità della tutela che ne deriva, atteso che non sono sufficienti ad escludere la confondibilità anche lievi modificazioni o aggiunte.

Chiarito ciò, il ricorso veniva rigettato.

A cura di Avv. Maria Pezzullo

Avvocato Maria Pezzullo

Lo studio legale Avv. Maria Pezzullo è specializzato nel diritto del lavoro, diritto societario, commerciale e Tributario in particolar modo nel settore della crisi d’impresa nonché ha acquisito esperienza nell’ambito della proprietà intellettuale di impresa.

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